Gentile parroco,
i gravi e drammatici fatti che stanno accadendo in queste ore in Afghanistan, l’arrivo in Italia dei primi collaboratori delle Forze Armate della nostra missione internazionale, l’attenzione che sarà necessario riservare agli afghani in cammino lungo le rotte verso l’Europa, la possibilità molto concreta di altre partenze e nuovi arrivi nei prossimi mesi/anni, mi spingono a condividere alcune brevi riflessioni e proposte di impegno.
Al di là del pensiero individuale e delle posizioni politiche sulla complessa questione dell’immigrazione, la presenza nel nostro territorio di persone provenienti – e in fuga – da altri paesi ci esorta a spenderci ulteriormente per l’accoglienza, il dialogo, l’integrazione con stile di apertura e simpatia nei confronti di questi fratelli e sorelle. Il vangelo non ammette altre risposte!
Il momento che l’Afghanistan sta vivendo, gli interessi politici e strategici, le responsabilità occidentali e il conseguente senso di “fallimento” che ne può derivare, assieme all’emotività che si fa spazio in questi frangenti non devono essere le uniche molle ad attivarci. I nostri valori rimangono tali anche quando si saranno spenti i riflettori su questa tragedia e il tempo avrà portato via anche i più forti slanci di altruismo.
Ciò che motiva noi, discepoli di Gesù Cristo, è la fedeltà all’uomo, a Dio, al Vangelo, ed è una fedeltà a tempo indeterminato!
Con la presente mi sento di invitarti ad avviare una riflessione, assieme alla tua comunità cristiana per discernere e capire cosa il Signore vi chiede in questo momento. Ciò che si può fare è davvero molto; di seguito suggerisco alcuni semplici percorsi, non nuovi per molte comunità della nostra diocesi:
- Proporre periodicamente, durante la preghiera dei fedeli, un’intenzione specifica per la popolazione dell’Afghanistan, per le persone che chiedono il riconoscimento dello status di rifugiati compresi coloro che arrivano nel nostro paese attraverso le rotte tradizionali, sia quella del Mediterraneo che quella Balcanica,
- sensibilizzare al valore dell’accoglienza, del dialogo e dell’apertura in tutte le occasioni propizie, anche attraverso la predicazione quando la Parola di Dio offre gli agganci giusti (la disposizione buona nei confronti delle persone immigrate ha bisogno di crescere nell’interiorità di ciascuno, anche dei predicatori),
- creare occasioni di incontro fraterno con quelle persone immigrate che vivono nel territorio della parrocchia,
- prestare attenzione pastorale verso gli immigrati cattolici,
- esercitare l’ecumenismo con i cristiani di altre denominazioni,
- sviluppare tentativi di dialogo con chi appartiene ad altre religioni,
- favorire occasioni di informazione e formazione sul tema delle migrazioni,
- individuare un immobile di proprietà della parrocchia non utilizzato e metterlo a disposizione di una delle cooperative che si occupano di accoglienza e che aderiscono ai CAS (Centri di accoglienza straordinaria) o SAI (Sistemi di accoglienza e integrazione). In questo la Caritas diocesana è disponibile a creare i contatti e a dare indicazioni operative*.
- Individuare un appartamento nel mercato e motivare il proprietario ad affittarlo a una cooperativa.
Le ultime due indicazioni possono rappresentare una concreta palestra per incidere sulle coscienze perché la diretta conoscenza delle persone migranti in carne ed ossa può far ricredere rispetto a tanti pregiudizi e stereotipi assieme a paure ingiustificate.
Ti ringrazio per ciò che assieme alla tua comunità stai già facendo e per quanto ancora sarete in grado di attuare e non esitare a prendere contatto con noi di Caritas diocesana per qualsiasi forma di supporto e aiuto.
Un caro saluto anche a nome del Vescovo Claudio
CARITAS DIOCESANA DI PADOVA
Il Direttore
Lorenzo Rampon
P.S. Riguardo la eventuale disponibilità di privati cittadini all’ospitalità in famiglia, che già giunge sia in Diocesi che in più parrocchie, allo stato attuale non ci sono indicazioni. Una recente comunicazione del Ministero ai Prefetti recita così:
“Per ciò che concerne le manifestazioni solidaristiche pervenute dai singoli cittadini, potrà essere svolto a livello territoriale, anche in raccordo con i Sindaci, ogni opportuno approfondimento al fine di valutare l’eventuale forma di coinvolgimento ritenuta idonea”.
Se ne deduce che saranno le prefetture anche in raccordo con i Sindaci a regolamentare queste disponibilità.
* I passaggi e gli aspetti tecnici riguardanti l’utilizzo dei locali e i rapporti con le cooperative maturati dall’esperienza degli anni scorsi sono riassunti di seguito:
- le parrocchie mettono a disposizione e segnalano ad una cooperativa conosciuta o a Caritas diocesana spazi per accogliere i richiedenti protezione,
- Caritas diocesana attraverso i consorzi di cooperative del territorio individua una cooperativa sociale con competenze specifiche per la gestione dei richiedenti protezione,
- la cooperativa individuata stipula un contratto per l’uso dei locali con la parrocchia (dopo l’autorizzazione dell’ordinario diocesano e con l’assistenza dell’ufficio amministrativo della curia),
- la cooperativa si assume tutte le responsabilità della gestione dei richiedenti protezione (aspetti assicurativi, tecnico-amministrativi, vitto, alloggio e servizi alla persona: corsi di lingua, formazione, lavori di pubblica utilità, assistenza sanitaria, ecc.),
- la cooperativa si impegna ad adeguare i locali per il loro utilizzo e alla scadenza del contratto a restituire i locali nelle condizioni in cui li ha ricevuti assumendosi eventuali spese di manutenzione/ritinteggiatura,
- la cooperativa si impegna a informare il sindaco locale dell’avvio dell’esperienza di accoglienza,
- la parrocchia anche attraverso la Caritas parrocchiale si attiva per creare la rete di prossimità e per offrire spazi informali di integrazione e di inserimento nella vita della parrocchia anche attraverso la proposta di semplici servizi.