“Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti… e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”. Parole quanto mai attuali riportate nella Dichiarazione Universale dei Diritti Umani, approvata il 10 dicembre 1948 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Proprio in occasione della Giornata Internazionale dei Diritti Umani, Caritas italiana pubblica il Dossier “Apriamo gli spazi. Ri-animiamo processi di costruzione partecipata delle politiche pubbliche”. Una riflessione centrata sull’azione delle organizzazioni “civiche” che sembra essere sempre meno libera e sempre meno efficace, anche in tema di advocacy, intesa come azione collettiva volta a riconoscere, tutelare e rendere effettivi i diritti delle persone e delle comunità.
Eppure Papa Francesco nell’ Enciclica Fratelli tutti ci ricorda che il rispetto dei diritti fondamentali ”è condizione preliminare per lo stesso sviluppo sociale ed economico di un Paese”. Tutti dobbiamo dunque “essere parte attiva nella riabilitazione e nel sostegno delle società ferite”, protagonisti di quello “spazio di corresponsabilità capace di avviare e generare nuovi processi e trasformazioni”.
Tanto più nell’attuale crisi sociale, sanitaria ed economica la difesa dei diritti è sempre più necessaria: la pandemia lascerà infatti non solo effetti di impoverimento, ma anche un arretramento dei diritti fondamentali. Non bastano gli interventi riparatori e assistenziali, sarà necessario promuovere una cultura dei diritti, delle responsabilità e del bene comune, che implica anche la volontà e la capacità di agire in prima persona e come collettività per l’attuazione dei principi costituzionali e universali di solidarietà, giustizia e uguaglianza.
Pochi giorni fa il Presidente Mattarella ha evidenziato come il volontariato “è un importante volano di solidarietà ed è stato artefice, lavorando in sinergia con i territori, di un profondo cambiamento sociale che ha migliorato la qualità della vita della collettività”.
La società civile e le organizzazioni che la rappresentano danno e possono continuare a dare un contributo importante, ma devono essere sostenute, ascoltate e coinvolte sempre di più nei processi di cambiamento. Invece, in Italia e nel resto del mondo, il loro spazio di azione si riduce e viene troppo spesso ostacolato.
Secondo il rapporto di CIVICUS il 40% della popolazione mondiale vive attualmente in Paesi dove è diffusa la repressione, rispetto al 19% nel 2018. Anche nell’Unione Europea – che pure rimane la regione del mondo con il maggior numero di Paesi con spazio civico aperto – alcuni governi stanno limitando le libertà e in molti casi nell’ultimo anno si è fatto ricorso a un uso eccessivo della forza per allontanare manifestanti pacifici.
Lo conferma anche una ricerca Caritas realizzata nei Balcani attraverso il progetto Societies, da cui emerge con chiarezza questa difficoltà. Il 40 % delle 266 associazioni intervistate, per lo più escluse da qualsiasi supporto governativo, ha chiesto a Caritas di sostenerle, soprattutto nelle attività di advocacy verso i rispettivi governi. Vorrebbero avere più spazio e una voce riconosciuta visto che sono in prima fila nell’accompagnamento e nell’ assistenza delle persone più fragili. Invece purtroppo, persistendo la crisi generata dalla pandemia, ben l’86% di loro sarà in grado di restare in attività al massimo altri sei mesi.
In questo scenario diverse sono le sfide nei prossimi mesi per le quali il contributo della società civile sarà fondamentale. La Conferenza sul futuro dell’Europa, che sarebbe dovuta iniziare già a maggio e che è stata sospesa per via del COVID, è il quadro pensato per coinvolgere i cittadini nel dibattito sul futuro dell’Unione, e quindi anche per discutere le riforme che servono a renderla più efficace, coesa e solidale. Inoltre l’Italia sta preparando il piano di lavoro e la struttura organizzativa per l’impiego dei fondi europei e in particolare del programma Next Generation. Quale partecipazione della società civile è prevista nella definizione della strategia di impiego di questi fondi? Qual è la visione generale che sottende l’impiego di questi fondi? Quale direzione prenderà il Paese al termine di questa emergenza? Può essere una grande opportunità per avviare e consolidare un percorso di cambiamento nel segno della sostenibilità. Percorso di cui un’ulteriore fondamentale tappa sarà la Conferenza Nazionale per lo Sviluppo Sostenibile, prevista per il prossimo 20-21 gennaio, snodo per porre le basi di un cambiamento attento al pianeta, la nostra ‘casa comune’. Tutti temi che ritorneranno all’attenzione con la presidenza italiana del G20, e con la 26esima Conferenza internazionale delle parti (COP) della Convenzione delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà, a Glasgow a novembre del prossimo anno e di cui l’Italia è il Paese co-organizzatore insieme al Regno Unito.
Sarà cruciale, in una logica di sussidiarietà e solidarietà, attivare il prima possibile uno spazio civico che consenta il confronto su questi temi. Uno spazio formale, riconosciuto, trasparente e permanente per contribuire al benessere futuro della collettività e del Paese, nella consapevolezza della necessità di un cambiamento ‘di sistema’ nella governance dei fenomeni globali, e di un ruolo attivo dell’Italia in questa direzione.
Fonte: Caritas Italiana