«La guerra piace a chi non la conosce». Così fra IV e V secolo scriveva il latino Vegezio nella sua De rei militari. Un concetto che verrà ripreso anche da Erasmo da Rotterdam, il quale proprio a commento di Vegezio, negli Adagia affermerà che l’uomo è l’unica specie animale capace di fare la guerra. Già 500 anni fa l’umanista olandese confutava il concetto di guerra “giusta”, “necessaria”. Un termine quest’ultimo che, come un morbo, è dilagato nelle dichiarazioni dei leader politici del XXI secolo; leader che si nascondono dietro lo spauracchio della “diffusione della democrazia” in favore dei popoli oppressi da dittature, per giustificare il perseguimento di una guerra che ha fini economici e politici, molto concreti e poco ideali. Lo specchietto per le allodole della guerra necessaria, nel tempo si è pericolosamente associato all’espressione “danni collaterali”, diventata insieme alla variante “effetti collaterali” (o ancor peggio “vittime collaterali”), assai diffusa nel linguaggio comune.
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