Un imprenditore veneto ha donato 100 mila euro alle Caritas diocesane venete. Su mediazione di Caritas Vicenza, sono giunti a Padova 21 mila euro.
Secondo la volontà del donatore la somma è stata utilizzata per l’acquisto di generi alimentari.
Su indicazione della Caritas diocesana di Padova, i coordinatori vicariali della città si sono incontrati più volte online su Zoom e hanno coinvolto le Caritas parrocchiali, le San Vincenzo e gli Amici di San Camillo e le realtà che si occupano della distribuzione di borse della spesa a persone e famiglie in difficoltà. Hanno aderito all’iniziativa 51 parrocchie padovane, che in questo periodo di pandemia hanno richieste di aiuto superiori del 20-25% rispetto alle loro medie pre-Covid.
I coordinatori vicariali, una volta scelto un ventaglio di prodotti da acquistare, hanno avuto comunicazione sulle necessità delle varie parrocchiali. Sabato 17 aprile sono state distribuite 14 tonnellate e mezzo di cibo.
«Data la situazione e le continue nuove richieste – racconta Stefano Talamini del Coordinamento Vicariale Caritas dell’Arcella – questa donazione ha riossigenato i magazzini parrocchiali, con immensa gratitudine da parte di tutti gli operatori coinvolti. Al di là della mera consegna delle borse spesa, per quanto sia fugace e a distanza, i volontari hanno saputo mantenere la relazione con le persone in difficoltà». La consegna della borsa della spesa diventa dunque uno strumento di relazione, punta di un iceberg assai profondo di contatto, vicinanza e aiuto: «Per questo la rete che si occupa degli aiuti alimentari – specifica Talamini – opera in sinergia con i Centri di Ascolto Vicariali e parrocchiali della Caritas ai quali vengono invitate queste persone a presentarsi per essere ascoltate, indirizzate e aiutate».
La situazione da affrontare preoccupa, anche per il futuro: «I numeri delle richieste stanno aumentando. Vedremo cosa accadrà più avanti, quando verranno a mancare i vari interventi di sostegno governativi in atto e ormai a scadenza. Capiremo quale sarà la situazione di chi potrebbe rimanere indietro nonostante il futuro impiego di ingenti risorse economiche del Next Genearation Eu».
«La storia ci insegna però – conclude Stefano Talamini – che dopo queste situazioni di crisi dovute a calamità, pandemie, crisi economiche, il sistema sociale e lavorativo in qualche modo si rimette in moto, ma non più come prima, ma cambiando sistemi e modalità operative “più moderne”, lasciand sempre indietro persone e famiglie che per vari motivi non sono in grado di affrontare i cambiamenti o che non hanno avuto la possibilità di rimettersi in piedi dignitosamente viste le fragilità da cui partivano, come sono quelle odierne e come saranno quelle future. Questa pandemia, paradossalmente, ci dà l’opportunità di mettere in comune le nostre fragilità, fragilità che stiamo sperimentando nel nostro quotidiano tutti. Solo con un reciproco riconoscimento, nella trasversalità di questa situazione, troveremo una base comune per la ripartenza. Serve l’aiuto delle istituzioni e delle comunità, che responsabilmente devono essere attori attenti e proattivi nei confronti di vecchie e nuove fragilità: così ne potremmo uscire accresciuti umanamente e cristianamente».